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Spazi e luoghi per la memoria

Clelia Pinto

Aggiornamento: 27 gen 2023


È nella natura delle cose che ogni azione umana che abbia fatto una volta la sua comparsa nella storia del mondo possa ripetersi anche quando non appartiene a un lontano passato.


La banalità del male, Hannah Arendt


Portare il peso

Il 27 gennaio di ogni anno si celebra la Giornata della Memoria, istituita per ricordare le vittime dell’Olocausto e per riflettere sugli atroci avvenimenti accaduti, affinché non vengano ripetuti.


Soprattutto per la mia generazione, tali eventi risultano lontani e difficilmente comprensibili, anche se siamo spettatori di episodi di discriminazione ogni giorno.

Proprio per questo motivo, dobbiamo continuare a portare il peso della memoria, a innalzare monumenti e memoriali, a leggere, studiare, confrontarci, trarre insegnamento da questi eventi e provare a migliorare il nostro comportamento nel presente, perché è l’unica cosa che possiamo fare.


Le disumanità commesse durante il nazifascismo risultano, progressivamente, sempre più indescrivibili, non soltanto perché i testimoni sono sempre meno, ma anche perché più tali eventi si allontanano temporalmente da noi, più difficile diventa stabilire un rapporto di empatia.

È qui che entra in gioco l’architettura, per raccontare l’incomunicabile attraverso l’esperienza dello spazio. Potersi immergere in un luogo, fare conoscenza dello spazio con il proprio corpo, riporta alla dimensione dell’evento e suscita delle reazioni emotive consapevoli.


Il coinvolgimento fisico risulta un ingrediente fondamentale della nostra esperienza delle opere. Studi confermano come l’empatia corporea sia una componente importante dell’esperienza percettiva, dunque, molto più che degli scritti e delle opere d’arte, l’architettura potrebbe avvicinare le nuove generazioni agli eventi del passato.


Raccontare l’incomunicabile con l’architettura

Sono presenti, nel mondo, innumerevoli memoriali dedicati alle vittime dell’Olocausto e a coloro che hanno fortemente combattuto contro il nazifascismo.


Tra i più suggestivi ricordiamo il Memoriale alle Vittime Ebraiche Austriache della Shoah di R. Whiteread, Il Memoriale per gli Ebrei Assassinati d’Europa di P. Eisenman e il Memoriale per gli Omosessuali Perseguitati Durante il Nazismo di M. Elmgreen e I. Dragset.


Memoriale alle Vittime Ebraiche Austriache della Shoah, Rachel Whiteread, 2000

L’opera è composta da un parallelepipedo in calcestruzzo e acciaio che rimanda ad una biblioteca: ogni facciata ne riproduce gli scaffali, i cui libri sono rivolti con il dorso verso l’interno, a simboleggiare le storie non raccontate delle vittime dell’Olocausto.

Interrompe la scaffalatura solo una porta, custode delle vite, inaccessibile.


Judenplatz Holocaust Memorial

Memoriale per gli Ebrei Assassinati d’Europa, Peter Eisenman, 2005

Il progetto è costituito da una fitta griglia di blocchi di cemento rettangolari dalle stesse dimensioni in pianta, ma variabili in alzato. La superficie da cui si originano, inoltre, è variamente inclinata, per rendere l’esperienza labirintica ancora più difficile. L’opera può suscitare disorientamento, claustrofobia e un’irrisolvibile solitudine.

Berlin Memorial to the Murdered Jews of Europe

In questo monumento non c'è meta, non c'è fine, non c'è modo di entrare o uscire. La durata dell'esperienza di un individuo non garantisce ulteriore comprensione, poiché la comprensione dell'Olocausto è impossibile.

Memoriale per gli Omosessuali Perseguitati Durante il Nazismo, M. Elmgreen e I. Dragset, 2008

Riprende il linguaggio del memoriale di Eisenman: è una stele in cemento con una sola, piccola, finestra sull’interno. Qui viene proiettata la scena (per molti, nel passato e nel presente, scomoda) di un bacio tra due uomini.

Quest’opera pone in visitatore ad affrontare la realtà della diversità, primo passo per l’accettazione.

Memorial to Homosexsuals Persecuted Under Nazism

Sono dunque i luoghi a diventare i nuovi testimoni della storia, custodi del passato.


Riferimenti



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